Il mio viso

riflesso nello specchio
è il passato

Informazioni personali

giovedì 29 dicembre 2011

lunedì 26 dicembre 2011

è appena finito Natale e...

avete notato? già si fanno gli auguri per Capodanno, si parla del prossimo anno (non bastasse com'è andato questo). Natale è già dimenticato, è passato, bene o male, è un ricordo.
Proprio per questo mi è venuta una curiosità, più che altro un'ignoranza : ma i mussulmani hanno una festa simile e quando?

In questo caso l'web mi ha soccorso e principalmente http://it.wikipedia.org/wiki/Muharram

Muharram arabo: محرم, muḥarram è il primo mese del calendario islamico. È uno dei quattro mesi sacri dell'anno. Il suo nome è connesso con la parola ḥaram che significa "proibito per motivi religiosi; tabù" (la stessa radice che si ritrova nella parola harem), e difatti in questo mese era considerato tabù fare la guerra, e spesso si rinunciava a combattere per rispetto dell'Islam. Dal momento che il calendario islamico è rigidamente lunare, il mese di muharram non ha una posizione fissa rispetto al calendario gregoriano.
Il primo giorno di muharram è il capodanno islamico. La festività di muharram è particolarmente sentita nel mondo sciita, che commemora la battaglia di Kerbala, nel corso della quale cadde il figlio di Alì, Husayn ibn Ali. Tale commemorazione raggiunge il suo apice il 10 del mese, giorno della cashura.

Il resto lo potete leggere nell'articolo.
Tra l'altro oltre ad essere un mese di penitenza, digiuno e dolore, il giorno della "ashura"è già stato il 6 dicembre, quindi i devoti hanno già iniziato il 2012 che però per loro è la data gregoriana del 15 settembre 2572.
Questo mese è uno di quelli sacri, ma non è quello del Ramadan , come erroneamente credevo, ma è il mese lunare.


venerdì 23 dicembre 2011

Noi, nel 1960 si trascorreva il Natale così


notare la data...28 dicembre 1958- 2° elementare ( e parecchi errori che la maestra, forse presa dalle feste non mi ha segnato)
- Noi mica si stava in vacanza fino alla Befana, ma si scaglionavano le feste.
- Noi mica si faceva l'albero, a meno di averlo perchè si abitava in campagna, ma si faceva il presepio, con le stutuine di cartapesta, le montagne di carta e i laghi di stagnola, il muschio però si andava a cercarlo ed era principalmente compito di mio fratello.
- Noi ci si svegliava in un freddo "becco" perchè c'era solo la stufa, ma col contenitore dell'acqua calda, mamma l'accendeva presto, ma mai troppo presto.
- Per questo motivo noi ci si lavava come gli uccellini per non prender freddo.
- Noi si andava a dormire col pigiama di flanella a righe come i carcerati.
- Noi la sera di Natale si andava a Messa volenti o nolenti e in Chiesa faceva più caldo ed era tutto illuminato e il presepe era grande con le statue anch'esse grandi e noi si andava principalmente per vederlo e anche perchè non ci facevano restare certo a casa.
- E poi era l'unico giorno che si faceva tardi e tornando magari si incominciava a vedere cadere la neve, che allora si che nevicava.
- Noi poi a casa si correva subito a letto, sotto le coperte fredde e umide , ma a volte la mamma ci metteva la "boulle" che allora noi la chiamavamo "la borsa dell'acqua calda".
- E si cercava di addormentarsi subito sperando che Gesù Bambino, mica Babbo Natale, ci portasse qualche regalo. E per me quel Natale era stato ricco (forse era nevicato tanto e mio papà andava a spalare la neve per far su un po' di soldini) perchè mi aveva portato tante cose (anche il bambolotto di cui ho già narrato la storia Tom, scritto con una parola non più corretta).
- Noi anche se era festa ci si svegliava presto per vedere se era stato tutto un'illusione, ma per me era stata una sorpresa bellissimissima.
- Noi poi non si poteva tanto giocare perchè bisognava aiutare la mamma a fare pranzo.
- Noi si mangiava quasi sempre tra noi perchè non si avevano parenti vicino visto che i miei erano emigrati dal Veneto a Torino.
- Noi si mangiava a volte la gallina bollita e col brodo per gli agnolotti , se la mamma aveva potuto farli, poi le patate al forno (la nostra straordinaria stufa aveva anche il forno) e allora noi avevamo anche il dolce, non il panettone, ma un dolce con l'uvetta e i canditi che faceva la mamma, la "pinza" o castagnaccio si faceva poi per la Befana, già noi avevamo la Befana mica l'Epifania.
- E poi dopo i mandarini mentre gli adulti bevevano un pochino di più finalmente si giocava.
- Noi , se nevicava, nel pomeriggio si mangiava la "granita", mamma andava fuori a riempire i bicchieri di neve e ci metteva un po' di vino dolce (unicostrappo alla regola per i bambini) e noi "pucevamo" col cucchiaino per farla sciogliere e ce la godevamo fino all'ultima goccia.
- Noi alla sera si andava a letto, nello stesso letto freddo, ma felici come non mai!

un compleanno

per chi non c'è più!
Vi ho sempre dentro il cuore.

mercoledì 21 dicembre 2011

Bussana Vecchia , vicino a SanRemo

il paese degli artisti.
E' un piccolo paese fondato dai Romani e  crollato a seguito di un grave terremoto  nel 1887, a qui seguì lo spopolamento degli abitanti rimasti che crearono più a valle Bussana Nuova.
Negli anni '50 un gruppo di artisti andarono a stabilirsi creando degli ateliers di ceramica, pittura, artigianato e altro.
in questi siti potete leggervi la sua storia e la sua evoluzione fino ai giorni nostri.
http://bussanavecchia.free.fr/storia%20dettagliata%20pag%201.htm


http://www.bussanavecchia.com/



Paese molto romantico e naif, anche se sta degradando, ma è una dimostrazione della difficoltà di autoamministrarsi.

domenica 18 dicembre 2011

Due poesie...

riguardanti lo stesso avvenimento : l'omicidio del padre.
Giovanni Pascoli, tutti quelli della mia età avranno "mandato" a memoria una delle due, adesso non credo vengano neppure lette, eppure sono tragicamente belle.
http://cronologia.leonardo.it/storia/biografie/pascoli.htm
qui potete leggere notizie riguardo all'autore e vi consiglio di leggere la parte di RICORDI DI UN VECCHIO SCOLARO, una prosa d'altri tempi!







La cavalla storna
Nella Torre il silenzio era già alto.
Sussurravano i pioppi del Rio Salto.
I cavalli normanni alle lor poste
frangean la biada con rumor di croste.
Là in fondo la cavalla era, selvaggia,
nata tra i pini su la salsa spiaggia;
che nelle froge avea del mar gli spruzzi
ancora, e gli urli negli orecchi aguzzi.
Con su la greppia un gomito, da essa
era mia madre; e le dicea sommessa:
"O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;
tu capivi il suo cenno ed il suo detto!
Egli ha lasciato un figlio giovinetto;
il primo d'otto tra miei figli e figlie;
e la sua mano non toccò mai briglie.
Tu che ti senti ai fianchi l'uragano,
tu dai retta alla sua piccola mano.
Tu c'hai nel cuore la marina brulla,
tu dai retta alla sua voce fanciulla".
La cavalla volgea la scarna testa
verso mia madre, che dicea più mesta:
"O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;
lo so, lo so, che tu l'amavi forte!
Con lui c'eri tu sola e la sua morte
O nata in selve tra l'ondate e il vento,
tu tenesti nel cuore il tuo spavento;
sentendo lasso nella bocca il morso,
nel cuor veloce tu premesti il corso:
adagio seguitasti la tua via,
perché facesse in pace l'agonia...".
La scarna lunga testa era daccanto
al dolce viso di mia madre in pianto.
"O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;
oh! due parole egli dové pur dire!
E tu capisci, ma non sai ridire.
Tu con le briglie sciolte tra le zampe,
con dentro gli occhi il fuoco delle vampe,
con negli orecchi l'eco degli scoppi,
seguitasti la via tra gli alti pioppi:
lo riportavi tra il morir del sole,
perché udissimo noi le sue parole".
Stava attenta la lunga testa fiera.
Mia madre l'abbraccio' su la criniera.
"O cavallina, cavallina storna,
portavi a casa sua chi non ritorna!
a me, chi non ritornerà più mai!
Tu fosti buona... Ma parlar non sai!
Tu non sai, poverina; altri non osa.
Oh! ma tu devi dirmi una una cosa!
Tu l'hai veduto l'uomo che l'uccise:
esso t'è qui nelle pupille fise.
Chi fu? Chi è? Ti voglio dire un nome.
E tu fa cenno. Dio t'insegni, come".
Ora, i cavalli non frangean la biada:
dormian sognando il bianco della strada.
La paglia non battean con l'unghie vuote:
dormian sognando il rullo delle ruote.
Mia madre alzò nel gran silenzio un dito:
disse un nome . . . Sonò alto un nitrito.






X Agosto
di G.Pascoli

San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.

Ritornava una rondine al tetto:
l'uccisero: cadde tra i spini;
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.

Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell'ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.

Anche un uomo tornava al suo nido:
l'uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.

Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.

E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d'un pianto di stelle lo inondi
quest'atomo opaco del Male!

venerdì 16 dicembre 2011

anch'io partecipo al..

http://chebelloscrivere.blogspot.com/2011/12/il-mio-contest.html

 
 La "giornata più speciale della vostra vita"...difficile trovarne una sola, ognuna o quasi è "più speciale" di altre, ognuno di noi credo, non possa dire di averne avute, ma ognuno di noi interpreterà per "speciale "una cosa diversa.
Ne potrei enumerare tante : la nascita dei miei figli, i giorni delle lauree (con la soddisfazione di essere riuscita a far crescere figli così speciali), i miei primi cinquant'anni, fino a qualche anno fa avrei potuto metterci anche tante occasioni che si erano susseguite nella mia vita matrimoniale ( ma ora sono state "cancellate" e allontanate dalla mia memoria).
Ho trovato però che nonostante siano gioie speciali sono tutte che passano attraverso gli altri verso di me e invece voglio ricordare una giornata speciale che è nata da me, solo attraverso me...
ERA LUGLIO 1968
L'anno in cui divenni una scrittrice. L'anno in cui compivo 18 anni (ma non ero maggiorenne perchè allora lo si diventava a 21 anni).
Il giorno del mio compleanno era passato come il solito, beh. 18 anni non erano altro che un numero come altri, avevo avuto la mia torta (che mi faceva la mia mamma), gli auguri dalle amiche (regali ..non c'era molta disponibilità, ma la mia mamma mi aveva cucito un vestito, lo ricordo perchè era lilla fatto alla "charleston " cioè con le pieghe in basso).
Sono passati alcuni giorni e una mattina mi ferma per strada una signora e mi chiede :"ma sei tu che hai scritto quella bella poesia che c'è sul giornalino del quartiere?".
Dire che rimasi esterefatta è poco. E' vero avevo spedito la mia poesia dei 18 anni alla redazione del Giornalino del quartiere, ma poi non ci avevo più pensato e tanto meno sperato che la publicassero.
Mi sentii riempire il cuore di gioia, mi avevano fermato per strada, mi avevano pubblicato la poesia, era stata letta ed apprezzata, insomma ...ero quasi famosa.
Potrei dire che camminavo "tre metri sopra il cielo", beh forse 10 cm., che soddisfazione...
Poi però i giorni passarono e la cosa si attenuò, io non sono mai diventata una scrittrice come sognavo, non sono mai diventata un'artista affermata, non sono mai diventata un'archeologa, sono solo diventata una donna normale che ha coltivato i suoi hobby, ma quel giornaletto l'ho ancora conservato!
Ed ora voglio riportare qui quella poesia :

Ho 18 anni
Questa mattina
mi sono svegliata
più presto,
ho respirato profondamente
e ho subito ricordato
che oggi
ho un anno di più.
Il sole mi sorrideva
nel cielo,
 i prati
mossi dal vento
mi sussurravano
mille auguri,
i fiori
si offrivano
come doni
alle mie mani
che li raccoglievano.
Oggi
il cielo è più limpido,
l'aria è più fresca,
i sorrisi della gente
più sinceri.
Vorrei gridare a tutti :
ho 18 anni!
Volare sopra il mondo,
portare la mia gioia
ad ogni cuore triste.
Invece
cammino tra la gente,
senza saper parlare,
nessuno si accorge di me,
eppure i miei occhi
brillano di più,
la mia bocca
sorride a tutti :
ho solo 18 anni!
by Adriana