Questa di Marinella è la storia vera
che scivolò nel fiume a primavera
ma il vento che la vide così bella
dal fiume la portò sopra una stella
Sola senza il ricordo di un dolore
vivevi senza il sogno di un amore
ma un re senza corona e senza scorta
bussò tre volte un giorno alla tua porta
Bianco come la luna il suo cappello
come l'amore rosso il suo mantello
tu lo seguisti senza una ragione
come un ragazzo segue un aquilone
E c'era il sole e avevi gli occhi belli
lui ti baciò le labbra ed i capelli
c'era la luna e avevi gli occhi stanchi
lui pose le sue mani suoi tuoi fianchi
Furono baci e furono sorrisi
poi furono soltanto i fiordalisi
che videro con gli occhi delle stelle
fremere al vento e ai baci la tua pelle
Dicono poi che mentre ritornavi
nel fiume chissà come scivolavi
e lui che non ti volle creder morta
bussò cent'anni ancora alla tua porta
Questa è la tua canzone Marinella
che sei volata in cielo su una stella
e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno, come le rose
E come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno, come le rose.
E te ne vai, Maria, fra l'altra gente
che si raccoglie intorno al tuo passare,
siepe di sguardi che non fanno male
nella stagione di essere madre.
Sai che fra un'ora forse piangerai
poi la tua mano nasconderà un sorriso:
gioia e dolore hanno il confine incerto
nella stagione che illumina il viso.
Ave Maria, adesso che sei donna,
ave alle donne come te, Maria,
femmine un giorno per un nuovo amore
povero o ricco, umile o Messia.
Femmine un giorno e poi madri per sempre
nella stagione che stagioni non sente.
Stelle, già dal tramonto,
si contendono il cielo a frotte,
luci meticolose
nell'insegnarti la notte.
Un asino dai passi uguali,
compagno del tuo ritorno,
scandisce la distanza
lungo il morire del giorno.
Ai tuoi occhi, il deserto,
una distesa di segatura,
minuscoli frammenti
della fatica della natura.
Gli uomini della sabbia
hanno profili da assassini,
rinchiusi nei silenzi
d'una prigione senza confini.
Odore di Gerusalemme,
la tua mano accarezza il disegno
d'una bambola magra,
intagliata del legno.
"La vestirai, Maria,
ritornerai a quei giochi
lasciati quando i tuoi anni
erano così pochi."
E lei volò fra le tue braccia
come una rondine,
e le sue dita come lacrime,
dal tuo ciglio alla gola,
suggerivano al viso,
una volta ignorato,
la tenerezza d'un sorriso,
un affetto quasi implorato.
E lo stupore nei tuoi occhi
salì dalle tue mani
che vuote intorno alle sue spalle,
si colmarono ai fianchi
della forma precisa
d'una vita recente,
di quel segreto che si svela
quando lievita il ventre.
E a te, che cercavi il motivo
d'un inganno inespresso dal volto,
lei propose l'inquieto ricordo
fra i resti d'un sogno raccolto.
Grande Fabrizio che ho avuto la fortuna di conoscere da ragazzo...
RispondiEliminaCiao,buona serata!
Anch'io l'ho conosciuto proprio lì in Sardegna, all'Isola Rossa in un ristorante che frequentava ...per me è mitico!
EliminaCara Adriana, che emozione fa ascoltare le canzoni del grande Fabrizio De André!
RispondiEliminaCiao e buona settimana cara amica.
Tomaso
Mi fa piacere che piaccia anche a te.
EliminaLa canzone di Marinella è fantastica.
RispondiEliminaIo però preferisco la Buona Novella.
EliminaMi fai ricordare che anch'io sono di un altro secolo e le canzoni che pubblichi mi piacciono ancora
RispondiEliminaAllora...siamo in due
EliminaQuanti ricordi... le suonavo con la chitarra! Grazie!!!
RispondiEliminaGrazie della visita.
EliminaIl testi di De André mi lasciano sempre un velo di malinconia. Era un poeta delle emozioni!
RispondiEliminaun abbraccio
Forse perchè lui era tendenzialmente triste, era davvero un poeta.
EliminaOgni volta che sono di fronte alle prime canzoni di De André non posso che pensare al fatto che me le fecero conoscere in stretto anticipo. Cosa rara nel mio caso.
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