C’era il “cantar le uova”, un’usanza, che ancora pochi anni addietro si poteva ammirare sulle nostre colline. In casa una volta si è sempre cercato di consumarne poche. Meglio portarle al mercato e tramutarle in zoccoli, pane, vestiario per l’inverno.
Solo alla domenica si faceva eccezione e si usano le uova per le tagliatelle, dalle nostre parti, per i famosi e gustosissimi tajarin. Dopo Pasqua, quando il sacerdote veniva a benedire le case, donare mezza dozzina di uova era il massimo del rispetto. Nelle ultime domeniche di quaresima i giovani del paese giravano di casa in casa, accompagnati da qualche strumento musicale. Accanto a quelli classici e tipici della nostra zona, come il clarinetto e la fisarmonica, c’erano strumenti musicali improvvisati, come zufoli di legno o di canne, tamburi alla buona. Il canto era invece formato da strofe d’occasione, a volte improvvisate sul momento, ma sempre con un unico scopo: rivolgersi al buon cuore del vicino perché regalasse delle uova (o anche denaro). A volte, il suonatore di mezzo portava un ramo, un pino, anticamente anche una croce di legno. Il canto era abbastanza chiaro dello scopo. E si incominciava subito con un:
O dene, dene d’j oeuv
ma d’la galin-a bianca,
i vostri ausin an diso
che chila l’é mai stanca.
ma d’la galin-a bianca,
i vostri ausin an diso
che chila l’é mai stanca.
Dateci, dateci un uovo
Ma della gallina bianca
I vostri vicini dicono
Che lei non è mai stanca.
In certe zone, invece, prima di fare la richiesta si passava a strofe improvvisate di saluto e di complimento per la famiglia interpellata, dobbiamo notare che i cantori erano sempre gente del posto per cui ben conoscevano le persone e le famiglie alle quali rivolgevano la questua. Ad ogni caso, quindi, ecco la strofa apposita, per cui se c'era una zitella:
An custa casa quì
a j'é ancora na tota
restà da maridé
ma se la vardi ben
a smia na matota.
a j'é ancora na tota
restà da maridé
ma se la vardi ben
a smia na matota.
In questa casa qui
C’è ancora una signorina
Restata da sposare
Ma se la guardi bene
Sembra una tonta
.
Ma il saluto per eccellenza veniva portato alla padrona di casa
Signora la madama
se chila an na da nent
preguma la Madona
ch'ai fassa casché i dent.
se chila an na da nent
preguma la Madona
ch'ai fassa casché i dent.
Signora padrona di casa
Se lei non ci da niente
Preghiamo la Madonna
Che le faccia cadere i denti
Cara Adriana, mi riporti indietro nella mia gioventù.
RispondiEliminaTomaso
Belle tradizioni, Adry!
RispondiEliminaVero...una volta le uova erano soldi!! buon inizio settimana a Te...ciao
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