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giovedì 26 gennaio 2012

Antichi mestieri : le prefiche.

"Vicino al feretro piangevano, urlavano, si strappavano i capelli, simulavano svenimenti, con un gusto tragico ancora vivo in certi paesi del sud, alcune donne che mai, in vita loro, avevano avuto rapporti con il defunto.
Dietro di loro, in mesto e composto silenzio, sfilava la famiglia colpita dal lutto: non una lacrima, non un sospiro in quei visi austeri e compassati. L’onere di dimostrare il dolore era stato appaltato alle prefiche, donne prezzolate per piangere."

Fin dal tempo dei Greci e poi dei Romani si ritrovano queste abitudini.
Le Prefiche erano  donne pagate per piangere ai funerali. Nel corteo funebre, precedevano il feretro stando dietro i portatori di fiaccola: con i capelli sciolti in segno di lutto e cantavano lamenti funebri e innalzavano lodi al morto, accompagnate da strumenti musicali, a volte graffiandosi la faccia e strappandosi ciocche di capelli.
Un'abitudine che ha incominciato a scomparire non molto tempo fa, ma forse ancora usata in Sicilia.
In Sardegna, dove si conservano ancor oggi usi e costumi antichi, il momento più caratteristico, più solenne degli usi funebri sardi è quello in cui le prèfiche (attitadoras ), con poesie estemporanee (attitos), tessono le lodi del morto.
....le attitadoras però non cantano per mestiere, non sono vendilacrime qualunque come lo furono le piagnone greche e romane.
La prèfica sarda appartiene, quasi sempre, alla famiglia dell'estinto e, pur non essendo parente di lui, non accetta mai, per la pietosa opera sua, alcuna ricompensa, tranne in caso di esrema povertà; il suo canto, ispirato veramente dall'affetto e dal dolore,si eleva spontaneo,e appassionato fra i gemiti ed i singhiozzi, ai quali fanno eco tutte le donne che circondano il cadavere.
 Ma è stata presente fino al '52 una figura molto più lugubre e nascosta chiamata " Accabadoras", pare che fosse una donna che esercitava il pietoso ufficio di soffocare gli agonizzanti perché essi non soffrissero inutilmente.
Arrivava sempre di notte, vestita di nero e col capo coperto, entrava sola nella stanza del malato e faceva quello che veniva chiamato "un atto umanitario".
Questa è la prova che si trova nei musei sardi, il martello usato dall'accabadora insieme al cuscino.
Discorsi sussurrati sul fare della sera , racconti narrati dalle vegliarde, una realtà forse non ancora scomparsa.


 per sdramattizzare un po'.......

8 commenti:

  1. Ciao Adriana sapevo che un tempo esistevano certe macabre usanze ma che ancora oggi esistessero non l'avrei mai pensato
    meglio consolarsi con la vignetta
    Michael jackson
    buon fine settimana.

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  2. già, eppure anche quello era un mestiere.
    Ciao

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  3. Sembra strano questo mestiere cara Adriana, io qui a Zurigo ho conosciuto una famiglia della provincia di Lecce, mi raccontava che sua madre faceva veramente questo mestiere e ara chiamata ogni volta che c era un morto in una famiglia, ho saputo che questa tradizione in certi paesi ancora eseste.
    Da una parte fa ridere e dall'altra si può pensare che era un modo di dimostrare il dolore da una perdita di un famigliare.
    Buona giornata cara amica.
    Tomaso

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  4. mestiere un po' macabro e anche triste.
    buona giornata anche a te

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  5. Le prefiche me le ricordo per averle studiate col greco in tempi remoti, ma l'accabadoras che porta l'eutanasia casalinga a pagamento, quella non la conoscevo.
    A proposito: il cuscino l'ho capito, ma il martello??

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    1. anche il martello veniva usato per lo stesso scopo, si trova in particolari musei sardi.

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  6. Mamma mia, non conoscevo questi brutti riti.

    Buona domenica, Adriana.

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  7. Sapevo delle prefiche, ma non che l'eutanasia fosse praticata senza dire niente a nessuno. In ogni caso io sarei favorevole a quest'ultima, ma ho paura che, come sempre, ci possano essere, un domani, degli eccessi, un rene od un cuore possono sempre servire. Parlo per i giovani natualmente, perché, dopo una certa età siamo solo da buttare. Stasera sono un po' giù.

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coccole...