Il mio viso

riflesso nello specchio
è il passato

Informazioni personali

mercoledì 30 gennaio 2013

soluzione...inutile

siete stati bravi tutti ed è quasi superfluo ricordare il titolo

Il nome della rosa di Umberto Eco
Secondo l'autore...è " il peggior libro che abbia scritto", io l'ho trovato un capolavoro.
Se qualcuno è interessato a saperne di più , può vedere qui

Un personaggio inquietante, molto inquietante!



martedì 29 gennaio 2013

quiz-libro...

un libro piuttosto vecchio,un pò "pesante" da leggere.
Vi dò un'altro suggerimento : è stato fatto un bellissimo film il cui protagonista (frate Guglielmo) era interpretato da Sean Connery...


" Era una bella mattina di fine novembre. Nella notte aveva nevicato un poco, ma il terreno era coperto di un velo fresco non più alto di tre dita. Al buio , subito dopo laudi, avevamo ascoltato la messa in un villaggio a valle. Poi ci eravamo messi in viaggio verso le montagne allo spuntare del sole.
Come ci inerpicavamo per il sentiero scosceso che si snodava intorno al monte, vidi l'abbazia. Non mi stupirono di essa le mura che la cingevano da ogni lato, simili ad altre che vidi in tutto il mondo cristiano, ma la mole di quello che poi appresi essere l' Edificio. Era questa una costruzione ottagonale che a distanza appariva come un tetragono (figura perfettissima che esprime la saldezza e l' imprendibilità della Città di Dio), i cui lati meridionali si ergevano sul pianoro dell'abbazia, mentre quelli settentrionali sembravano crescere dalle falde stesse del monte, su cui s'innervavano a strapiombo.

Vidi Salvatore che sgattaiolava verso l'orto con un fagotto in braccio. Incuriosito lo seguii e lo chiamai. Egli cercò di schermirsi, poi alle mie domande rispose che recava nel fagotto  (che si muoveva come abitato da cosa viva) un basilisco.
" Cve basilischium! Est lo reys dei serpenti, tant pleno del veleno che ne riluce tuto fuori. Che dicam, il veleno, il puzzo ne vien fuori che te ancide. Ti attosca... Et ha macule bianche sul dorso et caput come gallo et metà va diritta sopre la terra et metà va per terra come gli altri serpentes. E lo ancide la bellula..."
"La bellula ?"
 Oc. Bestiola parvissima est, più lunga alguna cosa che 'l topo ed odiala 'l topo muchissimo. E assì la serpe et la botta et quando loro la mordono, la bellula corre alla fenicula o a la circerbita et ne dentecchia et redet ad bellum. Et dicunt che ingenera per li oculi, ma più dicono ch'elli dicono falso".....

Con questo "sproloquio" penso sia facile da indovinare...

venerdì 25 gennaio 2013

Sfilata di moda...1968

prendendo spunto da Viola che parlava di un "vecchio" mestiere e cioè quello della sarta, vi voglio presentare alcuni modelli fatti su misura dalla mia sarta : la mia mamma.
Erano altri tempi...
sopra: stile impero blu a pallini bianchi-sotto: stile beat verdino con particolari dorati

stile beat : casacca a motivi neri

stile beat, ma non personalizzata

mercoledì 23 gennaio 2013

Poesie della contestazione - 1970

Ho ritrovato delle vecchie poesie scritte negli anni delle proteste e delle contestazioni, quando ero molto giovane e ingenua...

i Grandi Motori


 Lavora...operaio

Lavora, operaio, lavora,
trascina la tua vita 
tra un bullone da avvitare
e una molla da tirare.
Invecchia
tra la polvere di ferro,
tra il rumore assordante
delle macchine,
tra il puzzo della vernice.
Lavora, operaio, lavora
e sogna
un'aria pulita,
un prato silenzioso
col solo rumore
di un ruscello
e col fine profumo
dei fiori.
Sogna, operaio e lavora,
cammina tra i capannoni,
su strade lastricate,
sotto i cieli di ferro.
Poi all'improvviso
ti guardi di nuovo attorno
e vedi il sole,
no, no , è solo una luce.
Non temere
non è più un sogno.
Hai finito di lavorare, 
ma anche la tua vita 
è finita.
Ma gioisci
non è finita
tra le pareti d'acciaio,
ma sotto il pallido sole
di febbraio.

by Adriana


Officine Grandi Riparazioni
 
Una città morta

Sguardi spauriti
di corpi morti,
di anime cieche,
di spiriti defunti.

Fiumi di parole vane,
di discorsi osceni,
di parlate inutili.

Montagne
di paure costruite,
di tabù mal serviti,
di dei inconosciuti.

Vallate colme di desideri,
di giornate
vissute nel buio,
di mesi vegetati.

Città costruite
con massi d'ingiustizie,
cementati con calce
di vizio,
innalzate
su fondamenta
di dubbi.
Urbanistica
di una società morta
prima di sorgere,
visione
di un mondo
che non si riesce
a distruggere.

by Adriana

Non ricorda un po' la politica odierna? 

lunedì 21 gennaio 2013

Nel passato di Torino...

ci sono molte ...carceri, ma vi voglio parlare di una di cui sono stata indirettamente quasi spettatrice...




I Luoghi

1. Torri Palatine dette Carceri del Vicariato in funzione dal '500
2. Carceri Castello dal '300, Palazzo Madama, Piazza Castello
3. Carceri criminali o del Senato in funzione dal '500, via San Domenico 13.
4. Carceri delle Ferrate in funzione dal 1750, via San Domenico 32.
5. Carceri correzionali in funzione dal 1802, via Stampatori 3.
6. Carceri della Cittadella in funzione dal 1566.
7. La Generala (poi Ferrante Aporti) in funzione dal 1840, corso Unione Sovietica 327.
8. Il Buon Pastore in funzione dal 1843, corso Principe Eugenio,12.
9. L'Ergastolo Il Castro dal 1792, via Ormea, 127-129.
10. Carcere Centrale (poi "Le Nuove") in funzione dal 1870, corso Vittorio Emanuele II, 127
11. Casa Circondariale Le Vallette in funzione dal 1987, via Pianezza, 300.
12. Rondò della forca
13. Arciconfraternita della Misericordia operante dal 1578, via Barbaroux, 41
14. Opera Pia Barolo dal 1864, via delle Orfane







si tratta dell'Istituto Buon Pastore creato con "regio biglietto del 18 luglio 1843 di Carlo Alberto" un istituto “di correzione ed emendamento delle minorenni traviate” .
Scopo dell'opera era provvedere gratuitamente al ricovero, mantenimento, educazione, istruzione ed eventuale correzione di ragazze povere di età tra i 10 e i 20 anni, distinte in "educande" e "corrigende"; lo stesso servizio era fornito a ragazze non povere dietro pagamento di una retta. La sezione delle "Maddalene" comprendeva le assistite giunte a maggiore età che rimanevano a servizio dell'Istituto. Un'ultima sezione, "alterate di mente", offriva ricovero a pagamento a donne di agiata condizione. 
 

 L’istituto fu fondato il 5 Luglio 1844 da Suor Maria di Sant’Olimpio d’Aumas, superiora generale delle religiose del Buon Pastore, con lo scopo di educare “fanciulle traviate e di non agiate condizioni”.
La “casa” del Buon Pastore comprendeva:
le Penitenti, cioè “giovani traviate e convertite”
le Maddalene, cioè “giovani convertite che aspiravano alla professione monastica”
le Preservande, cioè “giovani povere che sono in pericolo”
le Educande, cioè “giovani oneste di famiglie civili che per lo stato della loro mente avessero bisogno di speciali cure”.
L’istituto rimase attivo fino alla fine degli anni Settanta.
Attualmente alcuni edifici sono occupati da uffici della Regione, altri tre, tra cui una chiesetta, sono in stato di abbandono.
Di notevole interesse il giardino interno che purtroppo è totalmente inutilizzato.

 





Io ho "conosciuto " o meglio sono venuta a conoscenza dell'esistenza di questa "Casa protetta" (forse adesso la chiamerebbero così) verso la metà degli anni '70 ...ricordo che me ne parlò mio padre in quanto un suo compagno di lavoro vi aveva "portato" (o meglio dire internato) la figlia quindicenne che , come si legge: "Sezione Corrigende
In questa Sezione si trovano le minorenni, le quali vengono ricoverate nell'Istituto o per decreto del Presidente del Tribunale su istanza dei genitori o del tutore..., o dall'autorità di pubblica sicurezza per essere trovate senza appoggio ed indirizzate su strada non buona.
Le ricoverate di questa Sezione si possono quindi dividere in due gruppi principali, cioè di quelle che si trovano nell'Istituto per correzione paterna e di quelle che vi sono per ricovero forzato ordinato dall'autorità.


Era appunto il padre che descriveva al mio come la ragazza , quando la andava a trovare, lo pregasse di riportarla a casa che "avrebbe fatto la buona" (era semplicemente senza mamma e un po' scapestrata).
Gli descriveva anche i metodi "correttivi" che usavano le suore (dal lasciarle senza cibo , al freddo o nei casi più "gravi" anche con pene corporali) anche se si legge così:
... Alle ricoverate nella Sezione Corrigende si cerca con ogni possibile di dare una educazione la quale coll'emendamento morale le renda capaci di procurarsi onestamente mezzi di sussistenza.
Esse attendono nel laboratorio comune a lavori diversi, fra i quali principalmente alla confezione di biancheria, lavori in maglia ed alla fabbricazione di guanti in pelle. ... Il lavoro è tratto alternato col canto, diretto sia ad igienica distrazione, che a salutare occupazione della mente.


Cose d'altri tempi....

venerdì 18 gennaio 2013

Carcere Le Nuove di Torino - Turin's historic prison




Il carcere Le Nuove, di cui una parte ora è trasformata in Museo, è stato usato fino al 1986 , anno in cui è stata agibile la Casa Circondariale Lorusso e Cutugno (carcere non si chiama più).
Costruito  tra il 1854 ed il 1869, inaugurato nel 1870 sotto il regno di Vittorio Emanuele II.

Progettato dall'architetto Giuseppe Polani, era stato concepito, secondo i criteri dell'epoca, come un carcere a segregazione individuale. Disponeva di 648 celle, tredici bracci, compresi quelli dei condannati a morte, nonché di due cappelle, una per gli uomini ed una per le donne. Le celle avevano inoltre la caratteristica di avere le finestre a "bocca di lupo", che permettevano di vedere soltanto il cielo. Il suo primo direttore, Marinucci, consentì di utilizzare la chiesa interna per le lezioni scolastiche: i detenuti seguivano le lezioni tenute dai volontari dell’Arciconfraternita dalle cellette progettate per la partecipazione individuale alle funzioni religiose. Durante il periodo fascista vi rimasero reclusi oppositori, partigiani ed ebrei, deportati e condannati a morte. Famigerato fu il braccio tedesco, dove venivano torturati i detenuti. Fino alla caduta del fascismo non furono apportate modifiche alla struttura; successivamente, con i nuovi diritti costituzionali, il carcere fu reso lentamente più vivibile, eliminando i muri interni del cortile ed apportando importanti modifiche alle celle, tra cui l'ampliamento delle finestre e la dotazione di termosifoni e water.

 
 ....egli era maestro a Torino, e andò per tutto l'inverno a far lezioni ai prigionieri, nelle Carceri Giudiziarie.
Faceva lezione nella chiesa delle carceri, che era un edificio rotondo, e tutt'intorno, nei muri alti e nudi, vi son tanti finestrini quadrati, chiusi da due sbarre di ferro incrociate, a ciascuno dei quali corrisponde di dentro una piccolissima cella.
Egli faceva lezione passeggiando per la chiesa fredda e buia, i suoi scolari stavano affacciati a quelle buche, coi quaderni contro le inferriate...

De Amicis, "Cuore", Il prigioniero

Nel 1986 è stato inaugurato il nuovo complesso carcerario di Torino, la Casa Circondariale Lorusso e Cutugno.
Block House
Ha avuto inizio in seguito il trasferimento dei detenuti, durato vari mesi, ed organizzato in base a criteri di divisione per fasce di status giuridico: prima i detenuti appellanti, poi quelli in attesa di giudizio, e quelli con condanne definitive.
 Carcere moderno e definito abbastanza vivibile sia come struttura che come affollamento .

martedì 15 gennaio 2013

Scritte sui muri...

è vero...non si fà, ma molte sono divertenti








 

questa è scritta vicino a casa mia..(in rosso Butta la pasta)


 
 e per finire
 

domenica 13 gennaio 2013

LadyHawk




La scena finale di uno dei film che amo di più, oggi l'ho rivisto per la...non so quante volte l'ho visto, ma mi dà sempre emozione.
Se qualcuno non lo conosce può farsi un'idea qui

sabato 12 gennaio 2013

La storia del coniglietto Orecchione - 2° parte

....C'era una luna grande e tonda che illuminava tutto con la sua luce lattiginosa.
Rossino si sedette a terra e attese, dopo un pochino vide un movimento in fondo al campo, guardò meglio e cosa vide?
Un'ombra che saltellava, si fermava, si piegava a prendere qualcosa, si rialzava e saltellava... era un coniglio che mangiava le sue carote!
Il suo primo impulso fu quello di fermarlo in qualche modo, poi ci pensò e piano piano , senza far rumore, si avviò verso casa : doveva dargli una bella lezione.
Tornoto che fu alla sua casetta andò a dormire e per la prima volta da diverso tempo, dormì saporitamente.
Al mattino, si svegliò di buon'ora e di nuovo allegro e fischiettante si avviò a sistemare il suo campo, il suo campo rovinato da un coniglio!
Passò la giornata lavorando alacremente e quando fu sera, dopo aver cenato e fumato la sua pipa, tornò di nuovo al suo bel campo e attese.
Non dovette attendere molto, perchè ecco arrivare saltellando il coniglio, più affamato e più sicuro e sfrontato che mai.
Già stava per strappare una carota, quando Rossino uscì dal suo nascondiglio e lo acchiappò per le orecchie.
Gliele tirò, gliele tirò così forte che si allungarono, diventando lunghe e fini e da quella sera i coniglietti divennerò tutti "orecchioni", ma non persero l'abitudine di rubare le carote.
E Rossino chiederete?...Rossino recintò bene il suo bel campo , si tenne anche il coniglietto Orecchione che non ebbe bisogno di distruggere il campo per mangiare e vissero allegri e felici!




questi sono i coniglietti Orecchioni fatti per l'occasione
Allora vi è piaciuta?

venerdì 11 gennaio 2013

Una favola...

questa volta niente indovina-libro, ma una favola inventata da me per raccontarla (a puntate alla sera prima di addormentarsi ai miei "bambini"), ma prima... la soluzione
nella versione Depardieu

nella versione A. Giordana

nella versione R. Chamberlain

Tante sono state le edizioni televisive e cinematografiche, ma se volete togliervi lo "sfizio " potete leggere qui


Ma ora torniamo alla mia "storia" : senza titolo per un po' di sorpresa



C'era una volta... eh, si, anche questa incomincia così, c'era una volta una paesino piccino piccino, tutto arrampicato su una collina, in mezzo a prati verdi e alberi pieni di foglie. Alla periferia di questo paesino, c'era una casetta, anch'essa piccina piccina, tutta bianca e con le imposte azzurre come il cielo di primavera, alle finestre e nel giardino tanti fiori colorati e sul tetto un camino che fumava sempre.
In questa casina, abitava un simpatico contadino, piccolo e rotondetto, sempre allegro e contento, con un gran paio di pantaloni azzurri e una folta capigliatura rossa, infatti per questo tutti lo chiamavano "Rossino" .
Al mattino si svegliava cantando e mentre usciva per andare nel suo campo, gli uccellini volteggiavano attorno alla sua testa abbagliati dal colore, ma lui  li salutava e loro cinguettando lo seguivano.
Aveva un campo che curava con amore e che era il suo orgoglio : verde, ordinato e rigoglioso, dove coltivava, indovinate un po' ? carote, col colore dei suoi capelli.
Passava tutto il giorno a curarle amorevolmente, bagnandole, zappando e togliendo le erbacce.
Quando poi il sole stava per tramontare, Rossino tornava alla sua casetta, dove, dopo aver fatto cena, si sedeva sulla soglia, su di una sedia piccina e fumava la pipa finchè faceva buio.
Così passavano i giorni e le stagioni e Rossino era sempre felice e laborioso.
Un mattino, era un mattino come tutti gli altri, il sole era su nel cielo e riscaldava, gli uccellini cinguettavano, i fiori spuntavano e Rossino cantava.
Ma ahimè, arrivato al suo bel campo di carote, una sgradita sorpresa lo aspettava.
Il suo bel campo verde, ordinato e rigoglioso era tutto in subbuglio.
I filari di carote erano scompigliati, pestati e soprattutto mancavano delle carote.
Potete immaginare il povero Rossino, lavorò tutto il giorno per rimettere a posto, chiedendosi cosa potesse essere successo, ma senza trovare un motivo.
Alla sera però, tornando alla sua casetta, per la prima volta non cantava ed era un po' triste, tantè che per la prima volta non si sedette sulla soglia a fumare, ma andò subito a letto.
L'indomani mattina però, il suo buonumore era tornato e cantando uscì di casa.
Ma...anche quel mattino lo aspettava lo stesso spettacolo, Rossino lavorò e lavorò, ma col cuore pesante e senza il suo solito sorriso.
Purtroppo la cosa continuava e Rossino ormai era solo stanco, demoralizzato e triste, ormai non cantava e non sorrideva più e i suoi amici non lo riconoscevano più.
Però il suo carattere ottimista ed allegro ebbe il soppravento e un giorno, dopo ver cenato si sedette di nuovo sulla soglia con la sua pipa, ma quando venne buio invecedi andare a dormire, prese una luce e si avviò verso il suo bel campo, che non era più bello.
Arrivato che fu nel campo, spense la luce e si nascose dietro un albero.....                    

mercoledì 9 gennaio 2013

Anno nuovo, gioco vecchio...

ecco un nuovo indovina-libro...
E' un libro di avventura, di duelli e intrighi, di ingiustizie e d'amore...


...Questa forma strana, questa prigione sulla quale regnava un sì profondo terrore, questa fortezza che faceva da trecent'anni parte delle lugubri tradizioni, comparve ad un tratto innanzi a... che non pensava punto ad essa, e gli fece l'effetto che fa ad un condannato a morte la vista del patibolo.
"Ah, mio Dio!" gridò, "il Castello d'If! E che andiamo a fare là?"
Il gendarme sorrise.
"Ma non mi si condurrà là per esservi imprigionato..." continuò . "Il Castello d'If è una prigione di
Stato, destinata soltanto ai grandi colpevoli politici. Io non ho commesso alcun delitto. Ma, ditemi: vi sono forse dei giudici istruttori, dei magistrati qualunque al Castello d'If?"


...E prima che ... avesse pensato ad aprir bocca per rispondergli, prima che avesse veduto dove il carceriere avesse posto il pane, prima che si fosse reso conto del posto ove stava la brocca, prima che avesse voltato gli occhi verso l'angolo dove l'aspettava quella paglia destinata a servirgli da letto, il carceriere aveva preso la lanterna e chiudendo la porta aveva tolto al prigioniero quella luce incerta che gli aveva mostrato, come al chiarore di un lampo, le umide muraglie della sua prigione. Allora si trovò solo nelle tenebre e nel silenzio muto e tetro quanto le volte di cui egli sentiva il freddo agghiacciante abbassarsi sulla fronte che bruciava.
Quando i primi raggi del giorno ebbero ricondotto un poco di luce in quest'antro, il carceriere ritornò coll'ordine di lasciare il prigioniero dov'era.


...Ma dopo due o tre ore di lavoro, incontrò un ostacolo: il suo ferro non
intaccava più e scorreva sopra una superficie piana.Edmondo toccò l'ostacolo con la mano, e s'accorse che aveva raggiunto una trave. Questa trave attraversava o
piuttosto sbarrava del tutto il foro incominciato da Dantès. Ora bisognava scavare dal sotto in su. Il disgraziato giovane non aveva pensato a un simile ostacolo.
"Oh, mio Dio" esclamò, "avevo tanto pregato, che speravo mi aveste ascoltato...! Mio Dio, dopo aver perduto la libertà della mia vita... mio Dio, dopo avere smarrito la calma della mente... mio Dio, dopo avermi richiamato all'esistenza... mio Dio, abbiate pietà di me, non mi lasciate morir disperato!..."
"Chi parla di Dio e di disperazione nello stesso tempo?" articolò una voce che sembrava venire di sottoterra e che, attenuata dall'opacità, giungeva a Edmondo con accento sepolcrale.
Edmondo sentì drizzarsi i capelli sulla testa, indietreggiò cadendo in ginocchio.
"Ah" mormorò, "finalmente sento parlare un uomo!


 ...Si gettò indietro mentre un ammasso di terra e di rottami precipitò nel foro che veniva ad aprirsi sotto lo scavo da lui fatto. Allora, dal fondo di questo foro oscuro, e di cui non si poteva misurare la profondità, vide apparire una testa, poi due spalle e finalmente un uomo tutto intero che uscì con molta agilità.
 Edmondo ricevette fra le braccia il nuovo amico aspettato da tanto e con tanta impazienza, e lo tirò verso la finestra, affinché quel poco di luce che penetrava nel carcere potesse illuminarlo.
Era un personaggio di piccola statura, coi capelli incanutiti piuttosto dai pensieri che dall'età, cogli occhi penetranti, nascosti sotto folti sopraccigli grigi, colla barba ancor nera che gli discendeva fino a metà del petto: la magrezza del viso, solcato da profonde rughe, le forti linee della sua fisonomia, svelavano un uomo più atto ad esercitare le sue facoltà morali che le forze fisiche. La fronte era coperta di sudore. Quanto alle vesti era impossibile distinguerne la forma primitiva poiché cadevano a brandelli.


...E senza aspettare il tempo di pentirsi di questa decisione, senza pensarci oltre per timore di distruggere questa disperata risoluzione, si chinò sopra il macabro sacco, l'aprì col coltello fatto da Faria, levò il cadavere dal sacco,lo trascinò nella propria cella, lo depose sul suo letto, gli pose in capo quel pezzo di tela di cui usava coprirsi, baciò un'ultima volta quella fronte agghiacciata, provò nuovamente a chiudere quegli occhi ribelli che continuavano a rimanere aperti, voltò la testa dalla parte del muro, affinché il carceriere, portando il cibo della sera, potesse credere che dormisse, cosa che non di rado accadeva, rientrò nel sotterraneo, tirò a sé il letto contro la muraglia, giunse nell'altra stanza, prese dal nascondiglio l'ago e il filo, si levò i suoi cenci affinché sotto la tela
sentissero le carni nude, si adattò dentro al sacco, si pose nella stessa situazione in cui era il cadavere, e richiuse il sacco con una cucitura per di dentro.


...E nello stesso tempo si sentì slanciato in un enorme vuoto, traversando lo spazio come un uccello ferito, e cadendo, sempre con uno spavento che gli agghiacciava il cuore.
Quantunque tirato in basso da qualche cosa di pesante che precipitava ancora più il suo rapido volo, gli sembrò che questa caduta durasse un secolo.
Finalmente con un tonfo spaventoso, entrò come un dardo in un'acqua gelida, che gli fece gettare un grido,soffocato nel medesimo istante dell'immersione. Dantès era stato lanciato in mare e veniva affondato da una grossa pietra attaccata ai piedi.
Il mare è il cimitero del Castello d'If...


 Insieme all'indovinello vi lascio anche un'altra poesia...

 


 Uno sbattere di ciglia
ed è la nascita,
la nascita di una lacrima,
minuscola, rotonda,
non vorrebbe staccarsi
dal ciglio,
ma poi,
piano piano
scivola sulla pelle,
salata e scintillante.
Vive la sua 
brevissima vita.
Sulla guancia,
tra anfratti 
di piccole rughe,
seguendo 
una delle vie
già precedentemente percorse
da altre lacrime
per poi esalare
l'ultimo umidore
nella piega delle labbra,
lasciando di sè
...un vago sapore di mare.

by Adriana


 



lunedì 7 gennaio 2013

venerdì 4 gennaio 2013

Ho aspettato che...

qualche giorno passasse, ho aspettato che non fosse il 31 dicembre, ho aspettato l'inizio dell'anno fuori di casa per arginare i ricordi, ho aspettato che mi passassero dalla mente le immagini dolorose, ho aspettato di non sentire più la tua voce che mi chiamava "mamma" (a me che ero figlia), ho aspettato per non rivedere il tuo viso straziato, ho aspettato perchè tutte queste cose venissero dimenticate, ma non c'è modo, è tutto qui e tutto rimarrà.

martedì 1 gennaio 2013

2013...

Stanotte ho assistito a questo...non erano così tante, ma uno spettacolo davvero suggestivo.


Adesso, 
solo adesso
che sento il dolore ,
solo adesso scopro
cosa voleva dire amare,
solo adesso
che il pensiero
non sa dove andare.
Ma adesso, 
solo adesso
che la mente ha
smesso di sognare,
solo adesso
so cosa vuol dir pensare.
Adesso,
solo adesso
che non posso camminare,
solo adesso
so dove vorrei andare.
Adesso,
solo adesso
che il dolore mi fa male,
solo adesso
so come avrei dovuto fare.
Adesso,
solo adesso
che io penso di soffrire,
solo adesso
penso che dovrà finire.

by Adriana