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martedì 21 maggio 2013

Una vita a puntate o le puntate di una vita?

Io sono nata in quella casa(sopra) poi sono cresciuta...
Sono nata in una casa che ora non c'è più, in un piccolo paese del Veneto , prima di me nacque una sorella (morta da neonata) e un fratello.

Sono cresciuta a Torino, dove vivo tuttora, in un quartiere di periferia che allora era circondato da prati e dove si cresceva quasi nella campagna.

Ho visto le lucciole gareggiare con le stelle per illuminare le sere di giugno in mezzo al grano appena tagliato, mi sono rotolata tra le balle di fieno, ho sentito l'odore dell'erba appena tagliata e con gli occhi verso il cielo ho dato nomi e forme alle nuvole lasciandole allontanare spinte dal vento, ho accarezzato gli agnelli appena nati e ho visto le loro madri tosate, ho giocato coi gatti randagi e con altri bimbi liberi e gai come me.
Ho visto la neve cadere, la vera neve, soffice e pulita, metri di neve, allora l'inverno era "vero" inverno, l'ho mangiata come un gelato, era fresca e pulita, ho visto la pioggia primaverile far sbocciare i fiori e far tornare le rondini nel cielo, ho toccato la rugiada sulle foglie e ho "imparato" ad aver paura dei ragni.
Ho vissuto in una famiglia che non aveva molto di più del necessario, ma sono vissuta felice e senza pensieri, ho imparato a fare le torte che la mamma faceva ogni domenica, ho imparato a fare i vestiti alla bambole ed era facile perchè era una sola, ho portato i vestiti che mia mamma cuciva e ho giocato a fare la maestra.

Intanto crescevo ed incominciavo ad andare a scuola e la scuola era da subito una cosa seria, non si faceva per scherzo, neanche la prima elementare, allora c'erano le punizioni (bacchettate sulle dita e nessuno si sognava di lamentarsi a casa) e c'erano le medaglie di carta, il bidello passava a riempire i calamai e si scriveva col pennino...che fatica tener le pagine pulite senza macchie d'inchiostro!

questo era il mio preferito


Però la prima non la ricordo tanto bene : so che avevo il grembiule bianco con il fiocco celeste e che dopo la novità dell'inizio , mi pesavano un po'tutte quelle ore in quei banchi scomodi e duri e poi in classe c'era la stufa e d'inverno era freddo e stavamo con le maglie e le dita gelide.

la classe era così ma con la lavagna attaccata al muro

Avevamo una sola maestra che insegnava tutte le materie, le cartelle erano dure e pesanti e naturalmente eredità dei fratelli maggiori, uscivamo da scuola sempre con le dita piene di macchie che non andavano via neanche strofinate, la penna biro (la bic) arrivò alle medie dopo la penna stilografica.
io ebbi un'Auretta più o meno così



La penna "bic" fu messa in produzione da un barone di origini italiane, Marcel Bich che usò il diminutivo del suo nome (anche perchè con l'h in inglese era un termine sconveniente -cagna o sgualdrina-), l'invenzione però fu dovuta a certo Làszlò Jòzsef Bìrò , ungherese che morì in povertà mentre il barone divenne l'icona del consumismo e dell'usa e getta...ma questa è un'altra storia.

6 commenti:

  1. A prte il luoghi mi pareva di essere io

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  2. Cara Adriana, ho letto tutto in un fiato!!! Molto interessante!!!
    Oggi i giovani non la comprenderebbero che tutto questo sia giusto!!!
    Erano altri tempo, dove si sapeva rispettare di più il prossimo.
    Grazie cara amica di questo bel racconto.
    Tomaso

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    1. erano altri tempi, si aveva di meno ma forse si aveva di più.
      ciao Tomaso

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  3. Sono molto belli questi post,ti immergi nel tempo passato e scopri quanto doveva essere duro vivere allora....
    Bello,veramente,brava Adriana!
    Ciao,un abbraccio e buona serata!

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  4. Un racconto che diventa poesia, oltre la storia, dunque. Di quegli anni come ricordo materiale ho ritrovato solo qualche pennino...

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coccole...